E, come avvenne ai giorni di Noè, così avverrà anche nei giorni del Figlio dell’uomo” Luca 17, 26.
Questo è uno dei versetti biblici più conosciuti ma forse poco compresi fino in fondo perché a mio parere nasconde alcune verità che sono basilari per una vita cristiana degna di essere tale.
In quel tempo si racconta che “tutti mangiavano, bevevano, si ammogliavano” ecc…
“C’era un gran fermento: chi insegnava la musica (Jubal), chi allevava bestiame (Jabal), chi era abile nel lavorare strumenti di bronzo e ferro (Tubalcain); Lamek prese addirittura due mogli (finora un uomo aveva solo una moglie) Ada e Tsillah nomi propri sinonimi di grazia e bellezza.
Apparentemente può sembrare tutto abbastanza normale.
Ma non abbiamo sentito parlare di nessuno che in quel tempo insegnasse la Parola di Dio, la Sua fedeltà o la conoscenza del Signore. Non troviamo alcun uomo (tranne Noè) del tempo che si preoccupasse del servizio a Dio. Chi ascoltò l’avvertimento che Noè diede o chi pose attenzione alla sua condotta e alla costruzione dell’arca? Le persone erano troppo attente alle cose materiali, e purtroppo ancora oggi la testa e il cuore degli uomini sono riempiti con affanni terreni. Si può vivere spensierati, cercare il nostro fondamento e soddisfazione nelle cose di quaggiù ed essere benedetti da Dio? Possiamo lasciarci trasportare dai piaceri mondani, chiudere gli occhi e le orecchie, lasciare spazio alla violenza, all’ottusità, all’inganno delle ricchezze, e non subirne poi le conseguenze? Noè aveva una
stretta relazione con il Signore e questa fu la sua eredità. I sistemi del mondo allontanano gli uomini da Dio, l’unico Dio vivente, e la tentazione verso la bellezza dell’età materiale ci offre come eredità solo la corruzione, non certo la vita eterna (ricordiamo il peccato di Adamo ed Eva). Se ci facciamo catturare dai valori superficiali e materiali del mondo, il nostro cuore si riempirà solo di lussuria e di orgoglio e perderemo lo status di figli di Dio.
Prendiamo ad esempio il valore della bellezza.
La nostra società purtroppo è basata sull’etica del piacere, la pubblicità cerca di attrarre l’attenzione del consumatore con un uso incondizionato del corpo femminile, dando rilevanza solo all’immagine (spesso la bellezza è solo funzionale al messaggio, in quanto il prodotto non ha nulla a che fare). In realtà si dà al corpo un significato culturale di dinamismo, efficienza, seduzione per creare un coinvolgimento, un desiderio di piacere.
Ma questo non nasconde forse una corsa sfrenata verso il consumismo, la voglia smodata di comprare un prodotto che spesso si identifica con uno status, che a sua volta cela un senso di inquietudine e di insoddisfazione interiore, di ansia che ci spinge verso una totale omologazione di azione e pensiero per creare una nostra identità ? La bellezza attrae, ma non confondiamo lo strumento
con il valore assoluto. “Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo” (Eccl) 3,11 la bellezza è armonia, proporzione, grazia, equilibrio, possiamo trovarla in un paesaggio, in una donna, in
un’opera d’arte, nella natura, e ogni volta rimaniamo stupefatti
davanti a qualcosa di bello. Però dobbiamo portare rispetto e soprattutto riconoscere la mano potente e creatrice del nostro Signore sopra ogni cosa. Un poeta Kahlil Gibran ha scritto: “Tutto questo avete detto della bellezza ma in realtà, non parlavate di lei, ma di bisogni insoddisfatti. La bellezza non è un bisogno, la bellezza è l’eternità che si contempla in uno specchio”.
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