“Quando Israele uscì dall’Egitto e la casa di Giacobbe da un popolo di lingua straniera, Giuda divenne il suo santuario e Israele il suo dominio” (Salmo 114:1-2).
I salmi hanno delle funzioni stupende; alcuni sono preghiere, espressioni di cuori, di animi a volte pieni di gioia, a volte di dolore; essi infondono con gioia indicibile una speranza da trasmettere ad altri. Alcuni salmi hanno la funzione di annunciare alle persone ciò che Dio, il Dio d’Israele, l’Iddio onnipotente e glorioso, è stato per il Suo popolo; anche questo Salmo 114 ha uno scopo importante: quello di ricordare al Suo popolo, Israele, il fine di Dio, cioè che Egli lo ama, e il motivo per il quale lo ha chiamato come Suo popolo e lo ha scelto. Un verso particolare focalizza il tema di questo messaggio: “Giuda divenne il Suo santuario, Israele il Suo dominio” (v.2).
Dal momento in cui Israele esce dall’Egitto, le funzioni d’Israele sono diverse, cioè Giuda diventa il Santuario di Dio e Israele il Suo dominio. Credo sia necessario capire che cosa sia stato meglio per il popolo d’Israele, vivere in Egitto o uscirne fuori, essere liberi o restare nella schiavitù. Chiunque conosca la storia d’Israele si ricorderà sicuramente degli avvenimenti del periodo in cui Giuseppe fu condotto in Egitto come schiavo e poi diventò viceré.
Questo giovane uomo di Dio che per la Sua grazia aveva ricevuto rivelazioni che si avverarono una dopo l’altra sia nella sua vita che in quella del popolo del Signore, anche se molti fratelli del suo popolo, compresa la sua famiglia, erano inconsapevoli di quello che stava per accadere. La Parola di Dio ci dice che a causa della siccità e della carestia, come tante volte accade nel mondo, quando esse arrivano, e costringono a trasferirsi dove c’è più prosperità come fu per la famiglia di Elimelek e Naomi.
I figli di Giacobbe furono costretti ad andare in Egitto per cercare il grano; ma, con loro grande sorpresa, in Egitto ritrovarono il fratello venduto come schiavo. Da quel momento in poi per Israele fu una grande gioia essere accolto in Egitto dal re Faraone e da Giuseppe e ottenere da loro la parte migliore del paese. In un certo modo avvenne come ai nostri connazionali negl’anni passati subito dopo la prima e seconda guerra mondiale quando si emigrava verso le Americhe per ricercare il benessere; anche Israele aveva trovato, per così dire, “l’America”, il luogo dove c’era la possibilità di stare al sicuro durante quegl’anni di carestia; lì potevano ottenere tutto quello che volevano, non solo sopravvivere, addirittura vivere nell’abbondanza.
Ma, trascorsi i sette anni di carestia e di crisi Israele non fece ritorno nel territorio promesso ad Abrahamo al quale Dio aveva detto che il suo popolo avrebbe dovuto sperimentare un esilio di quattrocento anni in terra straniera, trascorsi i quali Israele intese quale fosse il piano di Dio: Giuda doveva diventare Suo santuario e Israele Suo dominio.
Ma cosa ha fatto Israele in Egitto? Qual fu il ruolo di Israele che la storia della Bibbia ci racconta? Israele in Egitto lasciò la corona di principe per diventare schiavo di Faraone. Questa è la cosa più deplorevole per un popolo che è stato scelto da Dio, chiamato per essere qualcuno, per essere il principe di Dio, così era descritta la generazione di Abrahamo quando Dio gli dice chiaramente che Israele era il principe di Dio, è strano che il principe di Dio abbia fatto i mattoni per Faraone e sia stato suo schiavo, il che non era lo scopo di Dio che non aveva scelto Israele per tale sorte; Dio non aveva dato a questo popolo un titolo onorifico per far sì che poi servisse i suoi dominatori, quelli che si comportavano come despoti nei suoi confronti.
Questo deve farci riflettere nei suoi conforti fortemente. Prima di essere schiavo, Giacobbe aveva avuto una benedizione fondamentale da parte di Dio, tuttavia era stato un defraudatore della proprietà, avendo usurpato il diritto che apparteneva ad un altro, a suo fratello Esaù; poi, dopo ventun anni da emigrante, lontano dalla sua famiglia, egli ritornò nel suo territorio, nella sua patria. La Bibbia ci dice che nella fase del ritorno a casa, una sera, dopo aver sentito che suo fratello Esaù stava andando verso di lui, Giacobbe s’incontrò in un modo speciale con l’angelo del Signore, cercò di stringerlo con tutte le sue forze e gli chiese una cosa specifica: essere benedetto.
Precedentemente aveva fatto una richiesta a Dio: prima di lasciare la sua nazione, di arrivare nel territorio d’emigrazione e incontrare Labano, aveva detto: “Se DIO sarà con me e mi proteggerà durante questo viaggio che faccio, se mi darà pane da mangiare e vesti da coprirmi, e ritornerò alla casa di mio padre in pace, allora l’Eterno sarà il mio DIO; e questa pietra che ho eretta come stele, sarà la casa di DIO; e di tutto quello che tu mi darai io ti darò la decima.” (Ge.28.20-22).
Nella lotta con l’angelo si nota la determinazione di Giacobbe; e qui avviene un miracolo fondamentale per la sua vita: egli non sarà più un defraudatore, non sarà più un usurpatore di diritti; questa volta egli cerca la faccia dell’Eterno e dice: “Io non ti lascerò e non ti abbandonerò fino a quando non mi avrai benedetto”. Allora avvenne una benedizione enorme, gloriosa.
Conosciamo la storia: in seguito fece pace con suo fratello, si ritrovò col resto della sua famiglia, la benedizione di Dio scese su Giacobbe al quale Dio diede un nuovo nome: Israele che vuol dire “colui che lotta con Dio e vince”.
Alleluia! È una grande benedizione lottare con Dio, vincere e ottenere un nuovo nome. Giacobbe diventa Israele, una proprietà particolare di Dio, un principe del Signore. Ma questo principe è costretto a fare i mattoni per il diavolo, non è assolutamente libero, diventa schiavo, è costretto a calpestare il fango per il diavolo, a servire qualcuno che costruisce in questa terra qualcosa che può rimanere solo per un tempo e poi svanire.
Perché la terra e le opere che sono in essa saranno arse (2 Pietro 3:10). Dobbiamo lasciare tutto quello che è sopra questa terra, per quanto possa essere bello, efficace e utile, tutto quello di cui possiamo godere in questa terra.
Non possiamo costruire qualcosa che poi svanisce. Gesù nel Vangelo annuncia questa verità che non possiamo ignorare o nascondere e non sappiamo come andrà a finire.
Gesù ha detto: “Fatevi tesori lassù in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non sfondano e non rubano” (Mt.6:20). Dobbiamo farci tesori in cielo, perché questo è quello che dura per sempre. Ma Giacobbe, il principe di Dio, colui che ha vinto con Dio, che ha lottato per avere una benedizione, ora è sotto una maledizione, è lì in Egitto che fa mattoni per il faraone. Ma questo era il piano di Dio, era forse quello che Dio aveva determinato per loro? Dio ha creato Giacobbe ed Israele perché fossero schiavi e rimanessero tali? No! Dio non ha fatto tutto questo: secondo quello che si legge nella Parola del Signore, tutti coloro che sono creati sono destinati a diventare principi.
Non siamo stati creati per essere schiavi del peccato, ma per essere l’immagine del Figlio di Dio. Iddio creò l’uomo con uno scopo che ancora oggi non è mutato. Gesù è venuto in questa terra per dare la sua vita, spargere il suo sangue per redimerci e salvarci, per riportare l’uomo alla Sua immagine, l’immagine della giustizia, del dominio come era stato per Adamo: dominatore della terra. La Bibbia dice che DIO li benedisse e disse loro: “Siate fruttiferi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, e dominate sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo e sopra ogni essere vivente che si muove sulla terra” (Ge.1:28).
Ma la Bibbia ci dice ancora che come è accaduto ad Adamo e ad Israele, così è accaduto a noi. Dio ci ha creato per essere a Sua immagine e noi per un periodo di tempo (e ciò vale per chi è stato salvato e per chi ancora non lo è), ci siamo ritrovati a calpestare il fango per fare i mattoni al diavolo. Non è questo il destino del credente e dell’umanità. Non era questo il piano di Dio perché quando Israele uscì dall’Egitto, dalla sudditanza, Dio lo fece ritornare alla dignità primiera, secondo il Suo piano: Giuda sarebbe diventato il suo santuario e Israele il suo dominio.
Per appartenere totalmente all’Eterno. Questa è una scelta che, purtroppo, l’uomo deve fare in piena coscienza. Dio creò l’uomo innocente. È scritta nell’Ecclesiaste una parola che rimane immortalata nella Bibbia, “Dio ha fatto l’uomo retto” come sono tutti i bambini appena nati, innocenti e perfetti davanti a Dio; qualcuno si è chiesto cosa si debba fare quando muore un bambino, quale tipo di funerale debba celebrarsi se muore subito dopo essere nato, quale sia il suo destino, quale sacrificio si debba offrire per condurlo alla presenza di Dio: nessun sacrificio. Dio ha creato l’uomo perfetto ma la Bibbia afferma: gli uomini hanno ricercato molti sotterfugi (Ec.7:29).
Come Giacobbe ha cercato molti sotterfugi dicendo: “si sta troppo bene a Goscen, in questo territorio c’è molta erba, le nostre vacche e le nostre pecore si moltiplicano, la prosperità è favorevole. Non possiamo lasciare “l’America” per ritornare nel nostro paese dove il terreno non offre nulla”. Dio non ci ha chiamati per essere schiavi in questo mondo ma per essere principi; non per essere umiliati con la schiavitù come fu umiliata la casa di Giacobbe in Egitto. I figli di Dio costretti a servire il diavolo; i figli del padre della fede costretti ad essere schiavi. Dove era andata a finire la loro fede? Quella fede che avevano avuto nel loro Dio, quella fede dimostrata da Giacobbe quando strinse l’angelo dell’Eterno dicendogli “non ti lascerò finché non mi avrai benedetto”. Quella fede di Giuseppe che aveva detto in punto di morte: “il Signore vi visiterà e voi uscirete da questo paese”.
Ma niente da fare, queste persone sono rimaste nel paese e, quando c’è stata una dura servitù, invece di ritornare in Canaan, dove avevano lasciato la loro proprietà, sono rimasti lì; hanno visto morire i loro figli uccisi dal Faraone, hanno visto che erano sottoposti ad una tremenda schiavitù. Ma perché soffrire quando Dio ci dà la possibilità di vivere come Suoi figli? La Bibbia afferma chiaramente che chi è nato da Dio, ha una nuova vita, un obiettivo ed una prospettiva rinnovati ma anche un meraviglioso Dio in cui confidare.
All’uomo è stato dato il libero arbitrio; Dio ci ha donato una mente con la quale fare delle scelte: essere schiavi o servire Lui. Vorrei farvi una domanda: volete essere schiavi del peccato o liberi da esso? Volete essere sottoposti al dominio del Faraone? Non essere liberi di pensare come volete, di vivere felici, tranquilli con una mente sempre offuscata o addirittura nel buio più fitto, oppure volete vivere nella luce del Signore Dio? Noi dobbiamo fare la scelta.
Dio ci pone davanti questa via, questa opportunità di vita. La Bibbia afferma che se il Figliol dell’uomo ci rende liberi, saremo veramente liberi; e se diveniamo liberi, lo siamo per uno scopo specifico. Questo dobbiamo comprendere: noi siamo chiamati a diventare il Santuario di Dio, dove Egli dimora. Non siamo chiamati ad essere un involucro di terra trasformata in carne ma, come afferma l’apostolo Paolo; “non sapete voi che siete il tempio di Dio, e che lo Spirito di Dio abita in voi?”.
Quindi siamo il santuario dello Spirito di Dio e, se siamo stati rigenerati per questo scopo, vogliamo rimanere in questa posizione come dice la Parola ancora una volta: il nostro destino è di essere dominati da Dio. A volte mi chiedo da chi io sia dominato; quale sia la persona che ha il controllo della mia vita. Spesso siamo dominati dai nostri pensieri egoistici, carnali, malvagi e animaleschi ma Dio non ci ha creati per questo scopo, siamo chiamati ad essere sotto il dominio di Dio. Gesù, prima di andarsene in cielo e lasciare sulla terra i Suoi discepoli, aveva detto loro una verità bella: “è bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore…”.
Questo ci parla del dominio di Dio: posseduti da Dio, dall’onnipotente Dio per essere principi in questa terra. Dio afferma nella Sua Parola che Egli ci ha chiamati per essere un regno di sacerdoti all’Iddio nostro; siamo chiamati per essere seduti con Cristo Gesù al fianco del Padre; ci ha chiamati per essere più che vincitori perché possiamo dire con certezza come l’apostolo Paolo, che era certo di ciò che era dentro di lui: “Io sono persuaso che né morte, né vita né angeli potranno separarci dall’amore di Dio”. Io sono posseduto da Dio. io posso ogni cosa in Colui che mi fortifica, perché non prendo forza dall’esterno di me, la mia forza viene dall’interno. Dio vuole darti questa forza, vuole fare di te una nuova creatura, una persona nuova che possa amare Dio. Vuole fare di te il Suo Santuario che appartiene all’Eterno.
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