Più di duecento anni fa, un gentiluomo russo dovette recarsi in pieno inverno nella casa di campagna con la moglie e un bambino. Accompagnata da un fedele servito-re, la famiglia partì prima dell’alba su una slitta tirata da tre cavalli, per ritornare al proprio castello.
Nella notte i viaggiatori avanzavano sulla neve quando, ad un tratto all’uscita di una foresta, il domestico batté dolcemente la mano sulla spalla del padrone; una lunga linea nera s’intravedeva dietro a loro.
Era un branco di lupi, di cui già si udivano i sinistri ululati. Spaventati i cavalli rizzarono le orecchie e partirono al galoppo; ma le belve guadagnarono terreno e raggiunsero ben presto la parte posteriore della slitta; il capo del branco prese lo slancio per saltare sul veicolo.
In quel momento il cocchiere afferrò la pistola e con un abile colpo uccise l’ani- male e ne ferì un altro. Le altre belve si precipitarono sulle vittime e le divorarono in breve tempo, e ripresero il loro inseguimento. Ad un nuovo tentativo d’attacco seguì la stessa difesa e così via finché durarono le munizioni.
Ivan, il servo, dopo aver consultato il padrone, tagliò le briglie che trattenevano uno dei cavalli e lo lasciò andare. L’animale fuggì attraverso la foresta inseguito dai lupi che lo uccisero e divorarono; terminata la carneficina, ritornarono all’attacco.
Non c’è forse nessun mezzo di salvezza? Provvederà Dio in qualche modo?
“A che distanza siamo ancora dal castello? Chiese il gentiluomo al domestico”. “A un quarto d’ora circa” gli rispose. I lupi con le mascelle schiumanti, si avvicinavano sempre più alla slitta, e le munizioni per la pistola erano finite e pure i cavalli da dare in pasto; non c’era nessun mezzo di salvezza.
Ivan s’alzò, strinse la mano al padrone, abbracciò il bimbo e con un salto si gettò in mezzo a quell’orda affamata. La lotta fu breve ma abbastanza duratura per dare modo ai viaggiatori di sfuggire all’inseguimento. I lupi non riapparvero più.
Giunti al castello il gentiluomo mobilitò degli uomini e tutti insieme ritornarono sul luogo della carneficina ma, non trovarono altro che poche ossa. Furono sotterrate sul posto e qualche tempo dopo un piccolo monumento fu costruito a memoria del fedele servitore Ivan con la seguente iscrizione: “Egli ha salvato gli altri!”.
Questa narrazione risveglia nei vostri cuori dei sentimenti di ammirazione per quel servitore che è morto per salvare il suo padrone e la sua famiglia. Potete ben pensa- re che il gentiluomo russo, sua moglie e il fanciullo abbiano votato al loro domestico un ricordo di profonda riconoscenza.
Ma sapete voi che qualcuno è morto per voi?
Non era un uomo impegnato al vostro servizio, era il figlio stesso di Dio! Tutto si opponeva a perché Egli ci potesse salvare; bisognava lasciare il cielo, da Dio doveva diventare uomo, e l’uomo più umiliato in un mondo contaminato e crudele, prende-re su di sé i nostri numerosi peccati e subire l’ira divina contro i peccati ch’Egli non aveva commesso, entrare nella morte e conoscere l’abbandono di Dio; il Suo amore ha trionfato su tutti gli ostacoli.
“Ma Egli è stato trafitto per le nostre trasgressioni, schiacciato per le nostre iniqui-tà; il castigo per cui abbiamo la pace è su di Lui, e per le Sue lividure noi siamo stati guariti!”. (Isaia 53:5).